Le esigenze delle persone che si trovano a dover assistere un familiare in difficoltà sono spesso prese sotto gamba dalle aziende, che il più delle volte sembrano non sapere come comportarsi di fronte a certe situazioni.
Il termine anglosassone "caregiver", ormai entrato a far parte del nostro vocabolario, definisce “colui o colei che si prende cura di qualcuno”. L’azione sottintesa a questo concetto identifica un peso non indifferente che oggi è sostenuto da un numero crescente di lavoratori.
L’età media della popolazione aumenta (l’ISTAT indica che ha superato i 45 anni di età), il numero di nascite diminuisce (nel 2017 c’è stato un minimo storico del -2% rispetto al 2016), gli stili di vita sono indubbiamente cambiati dovuti anche alla rapida evoluzione della realtà che ci circonda.
Secondo una recente ricerca compiuta dall'università di Harvard, chi si trova a prestare assistenza a familiari invalidi, malati o con problemi è in costante aumento e oggi, negli Stati Uniti d’America, è il 73% dei lavoratori totali.
Sempre più spesso accade che i caregiver familiari si trovino di fronte ad una situazione del tutto nuova e, a lungo andare, quasi insostenibile da gestire senza un aiuto esterno.
Gli impegni quotidiani non si possono stoppare con un magico schiocco di dita ma, anzi, si vanno a sommare a tutte quelle preoccupazioni e nervosismi derivanti da situazioni di una certa portata.
Certo è che queste emozioni negative si ripercuotono inevitabilmente sulle attività lavorative dei caregiver.
Il proprio ruolo al lavoro sembra diventare sempre più pesante, i pensieri durante le ore passate di fronte al computer o durante il turno sono perlopiù nei confronti di quello che può accadere all’esterno.
Riflessioni, preoccupazioni, apprensioni: come organizzare la giornata in funzione del carico di cura che ci si porta sulle spalle?
Queste situazioni creano un inevitabile disagio, tanto che succede sempre più spesso che i caregiver familiari abbandonino il proprio ruolo in azienda, temporaneamente o addirittura definitivamente, per riuscire a conciliare con più concentrazione la propria vita con l’assistenza della persona cara.
Il problema odierno è che sempre più spesso tali bisogni non vengono mappati a fondo, creando malcontento e difficoltà in capo ai lavoratori e problematiche visibili e non in capo all’azienda stessa.
Le necessità dei lavoratori non collimano con i servizi offerti dalle aziende.
Così capita che i lavoratori o non siano a conoscenza della presenza di servizi messi a disposizione proprio per loro, a causa di una comunicazione trascurata oppure si trovano di fronte a prestazioni che reputano inutili per un miglioramento concreto della propria qualità della vita.
Secondo quanto emerge dalla ricerca sopracitata, affiorano serie conseguenze causate da un comportamento disinteressato e ignorante (nel vero e proprio senso del termine) dell’azienda:
aumento di stress sul lavoro, che può causare nel lungo tempo il disturbo denominato burn out;
diminuzione della produttività dovuta alla mancata concentrazione delle persone durante l’orario lavorativo;
elevato turnover che conduce irrimediabilmente ad una decisiva perdita di talenti in azienda.